Cascando on the razor’s edge

Marzo 2004 – marzo 2024

Un cortometraggio lungo vent’anni.

 

Presentato nella sezione cortometraggi alla XL edizione del Festival Internazionale del Nuovo Cinema di Pesaro nel luglio 2004, Cascando on the razor’s edge nasce da uno studio per Officina dei mutamenti sulle possibilitร  di rappresentazione della violenza – o del gesto violento – sul palcoscenico.

 

Dalla rassegna stampa:

Pesaro 40. Viaggio digitale a caccia del nuovo cinema

di Giovanni Petitti

La mostra del cinema pesarese, che continua da quarantโ€™anni a scandagliare il nuovo che offre il cinema mondiale, รจ stata una delle prime rassegne internazionali a rompere gli steccati tra generi e formati: super8, 16mm, 35mm, poi vhs, mini-dv, eccetera. Certo che, con lโ€™avverarsi del sogno zavattiniano della diffusione democratica delle videocamere e con il proliferare dei festival video, tale settore ha bisogno forse di ridefinire il suo ruolo e i suoi spazi.

La saletta video, animata con competenza da Andrea Di Mario, appare luogo troppo angusto per la nuova vitalitร  del pubblico presente (anche grazie alle iniziative di apertura al territorio: accademia e conservatorio su tutti) e ci sembra meritoria lโ€™iniziativa di espandere la programmazione presso il circolo Arci Barrauno dove tutte le sere si potevano rivedere allโ€™aperto i video e incontrare i giovani filmaker in un clima conviviale.

A parte le interessanti retrospettive omaggio ai Fluid Video Crew, agli austriaci Sixpack e ad Andrรฉ S. Labarthe manca forse un filo conduttore meno vago di quello dellโ€™uso del digitale. Ma non รจ facile delimitare questo mezzo che รจ per antonomasia libero da etichette e restrizioni. Forse la selezione andrebbe basata sul criterio dalla consapevolezza dello sguardo degli autori e sul loro sforzo di ricerca visiva. Perchรฉ non tutte le opere viste ci sono apparse allโ€™altezza, in alcune affiora la tentazione del premere il tasto REC e mostrare un poโ€™ casualmente luoghi, fatti, magari inclinando lโ€™inquadratura per fare avanguardia, come diceva John Ford.

Molte delle opere fanno di necessitร  virtรน, sono autoprodotte a low-budget e con un buon uso dei software per il montaggio o per il trattamento delle immagini in post-produzione. Come quella dei vincitori del concorso โ€œProgetto videoโ€ (premiati con mille euro) Daniele Pezzi e Paolo Pennuti (entrambi nati nel 1977), che in Travelgum con il btb hanno potuto riprendere un lunghissimo camera-car per le strade ravennati a un frame al secondo.

Vicino Ravenna cโ€™รจ un polo petrolchimico dove si muore senza troppo clamore, senza neanche quel processo farsa di Marghera che ha visto assolti tutti i responsabili dellโ€™azienda. Qui, sulle immagini di questa pianura giร  ritratta da Antonioni ne Il deserto rosso, sentiamo la voce di un operaio malato e lacerti di dialoghi: da quelli sul paesaggio devastato a quelli dellโ€™utopia industriale di Mattei interpretato da Gian Maria Volontรฉ in Il caso Mattei di Francesco Rosi. Un interessante patchwork sonoro scorre parallelo alle riprese che, tuttavia, non ci sono parse allโ€™altezza, nonostante lโ€™intenzione degli autori di ridare senso a immagini che lโ€™hanno ormai perduto.

Secondo premio al video di Carlo Maria Schirinzi (Tricase, 1974), Allโ€™erta, che riprende immagini di repertorio in mini-dv e costruisce un cinegiornale che smaschera la propaganda bellicista, tornata piuttosto in auge sui nostri teleschermi.

Anche Igno di Sebastiano Bazzini (1968) batte sul tasto dello smascheramento del falso patriottismo alla salottino di Bruno Vespa (โ€œlโ€™ultimo rifugio delle canaglieโ€, come diceva colonnello Kirk Douglas in Orizzonti di gloria citando Samuel Johnson) con delle riprese dellโ€™altare della patria e una colonna sonora di rumori di guerra. Lโ€™operazione appare tuttavia un poโ€™ banale anche per la scarsa qualitร  delle immagini.

Piรน compatto stilisticamente, sebbene in tuttโ€™altro ambito, รจ il lavoro di Giovanni Paolucci (1975) e Nicola Sisti-Ajmone (1973), Cascando on the razorโ€™s edge. Cโ€™รจ un uomo che monologa mentre si rade davanti allo specchio. Le parole, recitate in inglese, sono tratte da Cascando una bellissima poesia di Samuel Beckett del 1936 di cui ci piace citare qualche verso:
Why not merely the despaired of
Occasion of wordshed
Is it not better abort than be barren
The hours after you are gone are so leaden
They will always start dragging too soon
The grapples clawing blindly the bed of want
Bringing up the bones the old loves [โ€ฆ]
Il finale ha un sapore scorsesiano (alla The Big Shave) ma non cโ€™รจ tanto unโ€™imitazione, quanto piuttosto una riflessione sullโ€™uso della violenza e una mescolanza tra lโ€™elemento teatrale e quello cinematografico. Infatti i due autori hanno provenienze diverse: Nicola Sisti Ajmone, anche protagonista, รจ attore teatrale con alle spalle esperienze con Carpentieri, Balliani e Sepe mentre Giovanni Paolucci รจ da alcuni anni impegnato in produzioni cinematografiche e televisive. Sullo specchio come topos filmico, si veda il saggio di Mimmo Carretta su Duellanti di luglio-agosto 2004.

Documentario di contro-informazione รจ 106. Cronaca della lotta degli autoferrotranvieri di Roma 2003-2004, del giornalista Michele Citoni (1966) e di Luca Franco (1964), anche animatore del festival internazionale documentario di Roma, www.romadocfest.it. I due, armati di camera mini-dv, cercano di raccontare le giornate di sciopero dei tranvieri criminalizzati da buona parte della stampa nazionale per gli scioperi โ€œselvaggiโ€ nati dal mancato rispetto, da parte aziendale, degli impegni firmati due anni prima.

Alberto Castiglione (1977) ci mostra un ritratto del triestino Danilo Dolci intellettuale scomodo e rimosso, fautore della non violenza e combattente per una Sicilia diversa.

Altro intellettuale militante ritratto รจ Noam Chomsky che lo statunitense John Junkerman (1952) segue lungo una serie di incontri con il pubblico americano dei campus e delle cittร . Alle riprese alcune riflessioni pubbliche vengono alternate anche considerazioni in unโ€™intervista ad hoc, sui temi dellโ€™11 settembre, โ€œevento storico soprattutto per lโ€™identitร  delle vittimeโ€ e sulla reazione americana. Chomsky parla anche dellโ€™uso strumentale del patriottismo (che, a quanto sembra, basterebbe a qualcuno per sentirsi in diritto di sfasciare le finestre a chi non espone la bandiera americana, comโ€™รจ capitato a una nostra amica serba da anni infermiera nella campagna dello stato di New York). Riflette anche sul progetto di involuzione antidemocratica di molti paesi che approfittano della lotta al terrorismo per erodere diritti umani e civili conquistati dai cittadini statunitensi e occidentali nei decenni scorsi. Per Chomsky, come per Michael Moore in Bowling for Columbine, il miglior controllo da parte del potere politico รจ la paura da inoculare attraverso i media. Anche se Chomsky non รจ del tutto pessimista sulla situazione dei media Usa che vede piรน aperti rispetto al passato.

Interessante per il materiale dโ€™archivio utilizzato, ma un poโ€™ stentoreo nel commento dellโ€™over voice esplicativa, รจ il documentario Occhi sgranati. Partenze, arrivi, terre promesse, nel quale Italo Moscati mette a confronto lโ€™emigrazione italiana con lโ€™immigrazione nellโ€™Italia di oggi. Dalle immagini di Tornatore e Amelio a quelle prese sui moli dellโ€™esodo italiano, per dire, come fa Gian Antonio Stella nel suo saggio, Lโ€™orda. Quando gli albanesi eravamo noi, che la memoria della nostra passata condizione di emigranti ci dovrebbe frenare dallโ€™assumere gli stessi atteggiamenti razzisti che i nostri avi incontrarono in passato, ma ahimรจ spesso la storia non insegna.

Insomma, anche dal documentario vengono molte sollecitazioni, peccato che il decreto Urbani sul cinema preveda fondi e finanziamenti solo per i film di finzione.

Non ci ha per nulla convinto il video di Anthony Ettore e Giuseppe Cacace, Soul4Sale-petali 3, che ci spiattellano budella in primo piano: forse una poco sottile metafora dellโ€™incorporeitร  del digitale?

In Modogite, Fabio e Tiziana Maiorino tentano una narrazione fiabesca della campagna marchigiana, con accenti paradossali che vorrebbero forse rifarsi al Pasolini di Uccellacci uccellini, ma che non convincono, specialmente per lโ€™uso forzato del dialetto.

Il francese Jean-Gabriel Pรฉriot, in We Are Winning Donโ€™t Forget, monta una serie di foto fisse che ritraggono lavoratori e lavoratrici e conclude con un martellamento fotografico che mostra le violenze poliziesche contro il movimento new global. Questโ€™ultima parte ci รจ parsa cadere nella trappola dellโ€™estetizzazione della violenza.

Tra i lavori mostrati nella saletta video cโ€™era anche una striscia dedicata a Sfide, bel programma della Rai tre sul calcio, uno dei pochi che inseriscano il pallone in un contesto che non sia solo sproloquio imbecille. Tale scelta, tuttavia, ci ha lasciato un poโ€™ perplessi nellโ€™essere irrelata dal programma del festival e giร  fruita in televisione.

Molto interessante lโ€™esperienza che porta avanti il Conservatorio e che fa un intelligente uso didattico e di ricerca del mezzo video unito alla musica elettronica. Lโ€™iniziativa รจ coordinata da Eugenio Giordani e Roberto Vecchiarelli anche autori, insieme a Gian Luca Proietti e Raffaele Mariotti, di un interessante lavoro di ricostruzione del progetto che portรฒ avanti Le Corbusier per il padiglione Philips allโ€™esposizione di Bruxelles del 1958. Lโ€™architetto, insieme al musicista Edgar Varรจse e al designer e musicista Jannis Xenakis, creรฒ un poรจme electronique, che mescolava i linguaggi architettonici con quelli musicali e cinematografici. Nastro magnetico e 425 altoparlanti per creare venti diverse combinazioni di amplificazione. Con due proiezioni, sovrimpressioni in bianco e nero, strutture metalliche tridimensionali e luci ultraviolette durante i momenti di vuoto sonoro. Unโ€™esperienza โ€œsintetica e cinematicaโ€ e un tentativo di riconciliare lโ€™uomo appena uscito dalle devastazioni belliche con lโ€™utopia della civiltร  meccanizzata. Un progetto di video e audio avveniristico che gli autori hanno rimesso in piedi sia in una videoinstallazione presso lโ€™auditorium della Chiesa dellโ€™Annunziata sia nel video, che riprende le sette sequenze del film di allora e le monta insieme a immagini tratte da libri e foto del padiglione originale. Un lavoro che si rifร , Vecchiarelli cita Stevenson, โ€œa certe tendenze illogiche dellโ€™uomo, tendenze che si potrebbero dire sensualiโ€ e oniriche.

Tra i lavori del Laboratorio Elettronico per la musica sperimentale, tutti di buon livello, segnaliamo anche Distante di Mauro Santini, che continua la sua ricerca visiva nellโ€™ambito dellโ€™avanguardia (un suo video venne premiato al festival di Torino 2002) e che qui torna a lavorare sugli stacchi netti del montaggio e lascia aperto un filo narrativo nel collegare immagini spesso giocate sul fuori fuoco con la musica elettronica di Cella, stavolta riferimento sonoro preesistente.

In Vertigine Beatrice Pucci crea, con un bel lavoro di animazione dei pupazzi, un video che ricorda certe inquietanti atmosfere dellโ€™animazione cecoslovacca.

Piรน astratto il lavoro visivo di Raffaele Mariotti su una composizione musicale di Alessandro Petrolati.

Interessanti anche molti dei lavori provenienti dallโ€™Accademia di Belle Arti urbinate. Segnaliamo tra gli altri En rรชve di Mariangela Malvaso, che mescola riprese dal vero e animazione creando una vorticosa soggettiva supportata da uno splendido pianoforte.

Speriamo che questo lavoro di apertura alla cittร  operato dalla gestione Spagnoletti non trascuri spazi e attenzioni (anche nel catalogo dove di alcune opere abbiamo informazioni incomplete) verso il digitale che รจ imprescindibilmente fonte di nuovo cinema ma che va selezionato e cercato nel mare magnum della produzione attuale.

(15 luglio 2004)


Commenti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarร  pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *